
Nel corso della storia, gran parte delle più grandi personalità politiche e religiose, decisero di dare risalto alla propria figura anche dopo aver esalato l’ultimo respiro. Così nacque l’arte funebre
Importanti monumenti funebri furono commissionati ai più grandi artisti da eminenti personalità ancora in vita, al fine di assicurarsi un sepolcro degno del proprio status sociale. Questa pratica era molto diffusa, sia perché si voleva sottolineare, dopo la propria morte, il potere avuto in vita, sia perché si aveva un debole per le arti e la loro bellezza.
Tra i più importanti monumenti funebri mai realizzati, si ricordano quelli scolpiti per tre importanti pontefici tra il Cinquecento e il Seicento: Giulio II della Rovere, Urbano VIII Barberini e Alessandro VII Chigi. Per ospitare le loro spoglie alcuni dei più grandi artisti del tempo idearono monumentali sepolcrali unici nel loro genere. Al grande Michelangelo Buonarroti, si deve il monumento funebre di Papa Giulio II, mentre al celebre Gian Lorenzo Bernini si devono quelli di Papa Urbano VIII e di Papa Alessandro VII.

Il progetto per la tomba di Papa Giulio II fu protagonista di una storia travagliata. Subì numerosi cambiamenti e fu portato a termine solo 40 anni dopo la commissione del lavoro da parte di Giulio II a Michelangelo nel 1505. Lo storico dell’arte Ascanio Condivi, trattò di questa vicenda definendola la “tragedia della sepoltura”. L’idea iniziale era quella di realizzare un monumento a pianta rettangolare su tre livelli, all’interno della nuova Basilica di San Pietro. Dalla descrizione di Condivi che ci è pervenuta, sappiamo che la costruzione prevedeva una lunghezza di circa 10 m ed una larghezza di 7 m. Ogni lato doveva essere adornato da monumentali sculture, tra cui «statue legate, come prigioni, le quali rappresentavano le arti liberali, Pittura, Scultura et Architettura», prigioni che erano un chiaro rimando alla prigionia delle arti, con la morte del pontefice. Giulio II, infatti, era stato un grande mecenate, e per questo motivo con la sua scomparsa le arti sarebbero state imprigionate. Del progetto iniziale, Michelangelo aveva già iniziato a realizzare alcune statue, ma i lavori procedettero a rilento perché l’artista era impegnato anche nella realizzazione della volta della Cappella Sistina e in altre commissioni affidategli a Firenze.
Nel 1513, con la morte del pontefice, il progetto subì i primi cambiamenti. Gli eredi di Giulio II, infatti, lo ridimensionarono notevolmente sia per dimensioni che per numero di statue. Due erano le statue che Michelangelo aveva già realizzato entro il 1516: il Mosè, oggi posto nella tomba del papa, ed uno dei prigioni, oggi al Louvre di Parigi perché non più previsto nel progetto definitivo, consegnato all’artista dagli eredi del papa solamente nel 1532. Il nuovo progetto prevedeva non solo una semplificazione della struttura, ma anche una diversa collocazione. Il monumento sepolcrale fu realizzato nella chiesa di San Pietro in Vincoli dove ancora oggi è ammirabile, e fu inaugurato nel 1545. Per il suo completamento Michelangelo ebbe bisogno di numerosi aiuti perché impegnato anche nella realizzazione del Giudizio Universale.

Si tratta di un monumento addossato alla parete e organizzato su due livelli. Al centro, in primo ordine, si erge il famoso Mosè realizzato da Michelangelo tra il 1513 e il 1516. Con un’anatomia resa alla perfezione e panneggi che sembrano essere in vera stoffa; il grande Michelangelo ha saputo come sempre liberare dal freddo marmo figure che paiono esser vere.


Altrettanto monumentale, e al contempo spettacolare, è il monumento funebre che Gian Lorenzo Bernini realizzò per Papa urbano VIII a partire dal 1627, che si erge in tutto il suo splendore all’interno della Basilica di San Pietro, in Vaticano. La pluralità di materiali utilizzati dona colore e risalto all’opera. Urbano VIII, in bronzo dorato, sormonta il monumento in tutta la sua magnificenza; sul sarcofago, in marmo nero, è «la Morte […], vergognosa e superba in un tempo stesso, col tergo alato volto all’infuori, col capo velato e coperto», Intenta a scrivere su un libro il nome del Papa che verrà ricordato in eterno. Le allegorie della Carità e della Giustizia, virtù possedute dal pontefice, sono state scolpite dal Bernini in marmo bianco, e collocate ai lati del sarcofago. Api in bronzo dorato sono poste qua e là, e sono un chiaro rimando a quelle presenti sullo stemma della famiglia Barberini.



Ancor più stupefacente è il gruppo scultoreo che rende il sepolcro di Papa Alessandro VII un’opera d’arte. Anche questo si trova in Vaticano, nella Basilica di San Pietro, e l’artista iniziò a lavorarvi a partire dal 1671.
«Mostrò in questo sepolcro il cavalier Bernino la solita vivacità del suo ingegno, situandolo in una gran nicchia, ove è una porta. Finse egli che la porta fosse coperta da una gran coltre, che egli intagliò in diaspro di Sicilia; appresso figurò in metallo dorato la Morte che, entrando per essa porta, alza la coltre, colla quale, quasi vergognosa, si copre la testa, e porgendo un braccio in fuori verso la figura di Papa Alessandro, il quale egli fece inginocchiato in figura di marmo pel doppio del naturale, dimostra con un oriuolo in mano già esser finite l’ore sue. Da i lati nella più bassa parte veggonsi due grandi statue di marmo, rappresentanti l’una la Carità, l’altra la Verità. Nella parte superiore sono altre due statue, delle quali si vede la metà, e sono la Giustizia, e la Prudenza. Termina finalmente il tutto l’Arme di quel Papa».
Nulla più di queste parole, scritte nel Seicento dallo storico Filippo Baldinucci, potrebbe descrivere al meglio lo splendore e la perfezione di questo sepolcro. La figura del pontefice, alta il doppio del normale, conclude la composizione, ed è accompagnata dalle personificazioni delle sue virtù. Uno scheletro alato, in bronzo dorato, si libra al di sotto del drappo realizzato in marmo pregiato e mostra al pontefice una clessidra: le ore del suo pontificato sono finite, la morte lo reclama.





Nel corso della storia possedere bellissime opere da ammirare è sempre stata l’aspirazione delle più importanti personalità, ma è proprio grazie a loro che noi oggi possiamo contemplare meraviglie artistiche che fanno parte di un immenso patrimonio dal valore inestimabile.
Mary Bua

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